22 gennaio 2001
Per capire quello che sta succedendo bisogna ricordare che qualche anno fa gli italiani votavano con un sistema cosiddetto ”proporzionale”
Per capire quello che sta succedendo bisogna ricordare che qualche anno fa gli italiani votavano con un sistema cosiddetto ”proporzionale”. La parola ”proporzionale”, in questo caso, significa questo: ciascun partito mandava in Parlamento un numero di deputati e senatori proporzionale al numero di voti ricevuto. Cioè: se il partito A prendeva il 10 per cento dei voti, aveva il 10 per cento dei deputati. chiaro che questo sistema era il più democratico perché garantiva a tutti, grandi e piccoli, la rappresentanza e la visibilità politica. Che cosa accadeva però all’atto pratico? Accadeva che il partito più votato prendesse al massimo il 30-35 per cento dei voti (si trattava della Democrazia cristiana) e che andasse a cercarsi l’altro 15-20 per cento necessario per governare tra le formazioni minori, le quali per concedere i loro favori indispensabili mettevano in atto ogni sorta di ricatto, acquisendo potere ben al di là della loro forza elettorale. Per smussare questo potere, il partito di maggioranza relativa perciò intratteneva un ”dialogo” anche con l’opposizione, in modo da poter opporre pressione a pressione («se tirate troppo la corda, faccio il grande accordo con quegli altri»). Ne venivano una mediazione estenuante, una discussione permanente e una capacità pressoché nulla di prendere decisioni. Una debolezza complessiva forse ottima per tutto un periodo, ma poi sempre più controproducente man mano che i modi di produrre cambiavano e i rapporti di forza internazionali entravano in crisi (caduta del Muro di Berlino).