22 gennaio 2001
Il sistema elettorale basato sulla logica proporzionale venne messo in crisi da un referendum promosso da Mario Segni
Il sistema elettorale basato sulla logica proporzionale venne messo in crisi da un referendum promosso da Mario Segni. La logica che sembrò uscir vincente da quel referendum era grosso modo questa: invece di votare con un sistema proporzionale, che ha come unico effetto quello di paralizzare tutto, votiamo con un sistema maggioritario. Che cos’è un sistema maggioritario? Nella sua forma più semplice è questo: chi vince governa e, attraverso un meccanismo da studiare, gli viene garantita la maggioranza in Parlamento. Chi perde sta all’opposizione e le tecnicalità elettorali sono studiate in modo tale che il suo potere interdittivo o ricattatorio sia minimo o nullo. Ci sono molti modi per realizzare un sistema maggioritario, ma la cosa che sembra fondamentale per farlo funzionare è che i partiti siano pochi. Anzi: che siano possibilmente solo due. E che questi due si alternino, come accade negli Stati Uniti e in Inghilterra. C’è un punto ulteriore: perché i partiti siano solo due e perché si alternino occorre anche che abbiano molti punti in comune, cioè che si assomiglino. Quale deve essere il punto di somiglianza principale? Tutti e due devono accettare pienamente il sistema nel quale si trovano, così come accade ai repubblicani e ai democratici Usa oppure ai laburisti e ai conservatori inglesi. Si dànno battaglia nelle piazze e in Parlamento ma sono d’accordo sul sistema. Ora, come il lattaio dell’Oklahoma e gli altri lettori ricorderanno, per un lunghissimo periodo noi abbiamo avuto dei partiti (il Msi a destra, il Pci a sinistra) che il sistema non lo accettavano affatto e che dunque non potevano essere ammessi alla gestione del paese se non in via di compromesso o, che è la stessa cosa, proporzionalmente.