La Stampa, 06/06/1994, 6 giugno 1994
30 aprile 1994 Usciamo all’1 e 30. Abbiamo appena affilato il coltelli, preparato i guanti e ci siamo cambiati
30 aprile 1994 Usciamo all’1 e 30. Abbiamo appena affilato il coltelli, preparato i guanti e ci siamo cambiati. Abbiamo scelto il luogo con precisione. Ho imparato a memoria il nome di varie vie: dovremo andarcene di corsa, nella fuga saremo costretti a separarci. Siamo d’accordo che io lo afferrerò da dietro, mentre lui lo ferirà con un coltellaccio da cucina. Abbiamo pensato che sarei stato io a tagliargli il collo. Sarei stato io a uccidere la prima vittima. Meglio prendere una donna, giovane e carina (quest’ultimo requisito non era indispensabile, ma preferibile), un vecchio o un bambino. Arriviamo al parco dove dovevamo commettere il delitto, ma non c’era nessuno. Passarono soltanto tre ragazzi, mi sembrò troppo pericoloso cominciare con loro. Decidiamo di fare un giro in cerca di nuove possibili vittime. Nella via ”Cucvas di Almanzora” vedemmo una bruna che avrebbe potuto essere la nostra prima vittima. Ma salì subito su una macchina. Ci è spiaciuto molto non poterla prendere. Ci ha lasciato con l’acquolina in bocca. La seconda vittima era una ragazzina niente male, anche se il suo fidanzato la portava in giro su una macchina orrenda. La scaricò lì. La seguimmo, però lei entrò in un portone e si chiuse la porta dietro le spalle.