La Stampa, 06/06/1994, 6 giugno 1994
Il mio compagno propose di prendere un taxi, aggredire l’autista e sgozzarlo. Rifiutai (...). Vidi un signore andare verso la fermata del bus
Il mio compagno propose di prendere un taxi, aggredire l’autista e sgozzarlo. Rifiutai (...). Vidi un signore andare verso la fermata del bus. Era grassottello, anziano, con una faccia da scemo. Si sedette alla fermata (...). Il piano era: prendiamo i coltelli, gli saltiamo addosso e gli chiediamo di offrirci il collo (non proprio in questi termini, è chiaro). Poi io gli avrei piantato il coltello alla gola e il mio compagno al costato. La vittima portava delle scarpe orrende e dei calzini ridicoli. Era grassoccio, basso, aveva una faccia da allucinato che faceva venir voglia di colpirla. Era come se portasse un cartello che diceva: «Voglio morire». Se fosse stata l’una e mezzo, non gli sarebbe successo niente, ma la vita è così! Ci piantiamo di fronte a lui, prendiamo i coltelli. Si impaurì vedendo il coltellaccio del mio compagno. Il mio compagno lo guardava e di tanto in tanto gli sorrideva (eh eh eh). Gli abbiamo detto che dovevamo perquisirlo. «Le spiace mettere le mani dietro la schiena?», gli dissi. Lui era sbigottito, ma il mio compagno gli afferrò le mani e gliele mise dietro. Cominciai ad arrabbiarmi, perché non gli potevo vedere bene il collo. Allora gli dissi di alzare la testa, lui lo fece, io gli piantai il coltello nel collo. Emise un suono strozzato. Ci disse: figli di puttana.