23 gennaio 2001
A Bolzano la mattina di sabato 15 febbraio, poco prima di mezzogiorno, Peter Paul Rainer, di anni 29, laureato con lode in Scienze Politiche e Storia, dottorando e lettore di storia all’Univerità di Innsbrück, membro degli Schützen tirolesi e ideologo del partito liberal-nazionale dei Freiheitlichen (sono quelli che vogliono l’indipendenza del Sud Tirolo da Roma), parcheggia la sua AX verde nel piazzale vicino al Castello di Guncina, raggiunge poi il Castello e, senza essere visto da nessuno, sale nell’appartamento-ufficio di Christian Waldner, anni 37, laureato in Economia e Commercio, già assistente universitario ad Innsbrück dal 1985 al 1992, già segretario del movimento giovanile del Südtiroler Volkspartei, fondatore insieme a Pius Leitner dei medesimi Freiheitlichen di cui Rainer è ideologo, consigliere regionale del Trentino Alto Adige per il gruppo separatista Bündnis ’98 (Lega 98) creato da lui stesso dopo l’uscita dal precedente movimento, vicino per idee alla Lega Nord, Rainer e Waldner hanno da fare un lavoro, Rainer in particolare deve correggere, battere in bella copia e inviare via fax un comunicato che chiede la cacciata dei nomadi da Bolzano, non fa volentieri questo lavoro perché nonostante sia considerato l’ideologo del movimento sente che Waldner nell’altra stanza lo considera poco più che un esecutore, c’è poi questo fatto, Rainer esibisce una bella sequenza di titoli accademici, ma si tratta di roba falsa e Waldner lo sa, proprio Waldner lo ha aiutato a falsificare i documenti relativi al diploma indispensabili per l’iscrizione all’università, inoltre il Castello di Guncina dove si trovano a lavorare in quel momento, molto lussuoso, appartiene alla famiglia di Waldner, la famiglia l’ha diviso in due parti, in una ci abita mentre l’altra è diventata un albergo, vale a dire: la famiglia di Waldner è facoltosa, cioè per quanto riguarda Rainer c’è tutto un quadro di malessere e di invidia e di rancori forse incomprensibili o esagerati ma che insomma ci sono, tutto da capire è perché risultino così insopportabile proprio quel sabato pomeriggio, fatto sta che a un certo punto Rainer si alza ed esce dal Castello per tornare alla macchina, apre il bagagliaio e tira fuori una scatola e dei pezzi di ferro, rientra poi nel castello e si chiude in bagno, qui in circa trenta secondi incastra tra loro i pezzi di ferro fino a dar forma a una carabina da bracconiere cinese calibro 22 con canna rinforzata silenziatore e mirino telescopico (comprata in Ausria e mai denunciata in Italia), nella scatola ci sono le pallottole Kettner HB per caricare il fucile, intanto Waldner si prepara ad uscire, si mette addosso il giaccone e apre la porta dell’ufficio che sta dietro la hall dell’albergo, proprio qui si trova di fronte Rainer che spara senz’altro cinque colpi da vicino, due di questi gli trapassano le mani alzate istintivamente per ripararsi, altri due gli sfondano il cranio, il quinto colpendolo alle spalle gli fa fare un mezzo giro a piroetta e lo butta per terra a faccia in giù
A Bolzano la mattina di sabato 15 febbraio, poco prima di mezzogiorno, Peter Paul Rainer, di anni 29, laureato con lode in Scienze Politiche e Storia, dottorando e lettore di storia all’Univerità di Innsbrück, membro degli Schützen tirolesi e ideologo del partito liberal-nazionale dei Freiheitlichen (sono quelli che vogliono l’indipendenza del Sud Tirolo da Roma), parcheggia la sua AX verde nel piazzale vicino al Castello di Guncina, raggiunge poi il Castello e, senza essere visto da nessuno, sale nell’appartamento-ufficio di Christian Waldner, anni 37, laureato in Economia e Commercio, già assistente universitario ad Innsbrück dal 1985 al 1992, già segretario del movimento giovanile del Südtiroler Volkspartei, fondatore insieme a Pius Leitner dei medesimi Freiheitlichen di cui Rainer è ideologo, consigliere regionale del Trentino Alto Adige per il gruppo separatista Bündnis ’98 (Lega 98) creato da lui stesso dopo l’uscita dal precedente movimento, vicino per idee alla Lega Nord, Rainer e Waldner hanno da fare un lavoro, Rainer in particolare deve correggere, battere in bella copia e inviare via fax un comunicato che chiede la cacciata dei nomadi da Bolzano, non fa volentieri questo lavoro perché nonostante sia considerato l’ideologo del movimento sente che Waldner nell’altra stanza lo considera poco più che un esecutore, c’è poi questo fatto, Rainer esibisce una bella sequenza di titoli accademici, ma si tratta di roba falsa e Waldner lo sa, proprio Waldner lo ha aiutato a falsificare i documenti relativi al diploma indispensabili per l’iscrizione all’università, inoltre il Castello di Guncina dove si trovano a lavorare in quel momento, molto lussuoso, appartiene alla famiglia di Waldner, la famiglia l’ha diviso in due parti, in una ci abita mentre l’altra è diventata un albergo, vale a dire: la famiglia di Waldner è facoltosa, cioè per quanto riguarda Rainer c’è tutto un quadro di malessere e di invidia e di rancori forse incomprensibili o esagerati ma che insomma ci sono, tutto da capire è perché risultino così insopportabile proprio quel sabato pomeriggio, fatto sta che a un certo punto Rainer si alza ed esce dal Castello per tornare alla macchina, apre il bagagliaio e tira fuori una scatola e dei pezzi di ferro, rientra poi nel castello e si chiude in bagno, qui in circa trenta secondi incastra tra loro i pezzi di ferro fino a dar forma a una carabina da bracconiere cinese calibro 22 con canna rinforzata silenziatore e mirino telescopico (comprata in Ausria e mai denunciata in Italia), nella scatola ci sono le pallottole Kettner HB per caricare il fucile, intanto Waldner si prepara ad uscire, si mette addosso il giaccone e apre la porta dell’ufficio che sta dietro la hall dell’albergo, proprio qui si trova di fronte Rainer che spara senz’altro cinque colpi da vicino, due di questi gli trapassano le mani alzate istintivamente per ripararsi, altri due gli sfondano il cranio, il quinto colpendolo alle spalle gli fa fare un mezzo giro a piroetta e lo butta per terra a faccia in giù. L’assassino avvolge il corpo in una tovaglia e la testa in un asciugamano, trascina quindi il cadavare nello studio e chiude a chiave, nell’albergo-castello non c’è nessuno, pulisce quindi le tracce di sangue, prende i bicchieri da cui avevano bevuto due aranciate e alcune lettere minatorie spedite al morto nei giorni precedenti, sale in macchina e si dirige verso Bolzano. Strada facendo getta via i bicchieri avvolti nelle lettere insanguinate, e si libera poi anche della carabina gettandola nella discarica di Castelfirmiano alla periferia della città avvolta in un paio di vecchi pantaloni insieme a 499 pallottole dello stesso tipo di quelle usate per l’omicidio e di quelle che gli investigatori hanno trovato conficcate nella parete della sede dei Freiheitlichen dove Rainer a gennaio si era esercitato a sparare contro i libri di Waldner. Arrestato pochi giorni dopo il delitto, Rainer confessa nella notte del 21 febbraio (nei giorni intercorsi tra l’omicidio e l’arresto, il presunto assassino ha festeggiato in famiglia il pensionamento del papà vigile urbano e allegramente partecipato a varie feste degli Schützen).