Paolo Mastrolilli, Liberal, febbraio 1997, 23 gennaio 2001
Qualcuno in Italia ricorda ancora cosa sia il talento? Non solo quello di Michelangelo o Roberto Baggio, a seconda dei gusti, ma anche quello di un normale impiegato abile nel proprio mestiere? Dopo anni di assunzioni delegate all’infallibile tecnica della raccomandazione, e dopo decenni di pseudo competizione economica fra le aziende, drogato e addomesticato da tangenti e favori di Stato, c’è il serio rischio che l’Italia non sappia più cosa vuol dire lavorare bene per realizzare prodotti in grado di farsi largo con la sola forza della loro qualità
Qualcuno in Italia ricorda ancora cosa sia il talento? Non solo quello di Michelangelo o Roberto Baggio, a seconda dei gusti, ma anche quello di un normale impiegato abile nel proprio mestiere? Dopo anni di assunzioni delegate all’infallibile tecnica della raccomandazione, e dopo decenni di pseudo competizione economica fra le aziende, drogato e addomesticato da tangenti e favori di Stato, c’è il serio rischio che l’Italia non sappia più cosa vuol dire lavorare bene per realizzare prodotti in grado di farsi largo con la sola forza della loro qualità. E questo può essere un disastro, nella globalizzazione dalla quale non troveranno scampo neanche i minimalisti, decisi a chiudere porte orecchie e occhi pur di conservare i privilegi.