Giorgio Cosmacini su Il Sole-24 Ore del 21/1/2001 a pagina 31., 21 gennaio 2001
Filippo Turati fu afflitto per dieci anni da una forte depressione: «Tutto cade, tutto manca. In questi giorni ho proprio veduto il suicidio faccia a faccia»
Filippo Turati fu afflitto per dieci anni da una forte depressione: «Tutto cade, tutto manca. In questi giorni ho proprio veduto il suicidio faccia a faccia». All’amico Ghisleri raccontava di trascorrere giorni interi «riverso bocconi sul sofà». Quando, nell’estate del 1881, Ghisleri sposò una ragazza bergamasca, Turati gli scrisse una lettera drammatica: «Mio dolce amico, ti perdo per una persona che non ha alcun titolo, più di me, alla concentrazione del tuo affetto, fuor quello di essere femmina: ti perdo per dei bambini ignoti che non amo e che ti desidero non vengano mai». Un anno dopo si recò a Parigi per farsi visitare da Jean-Martin Charcot, genio della neuropsichiatria europea. Trovò il medico «freddo, sommario, pessimista: un vero oracolo». Charcot gli diagnosticò una «nevrastenia cefalica e spinale» (una nevrosi in cui si alternano fasi di inedia a momenti di iperattività) e gli prescrisse due cure, l’elettroshock e la «doccia scozzese». Turati si rifiutò di sottoporsi alle cure e se ne andò da Parigi («Non ho più l’obbedienza cieca ai numi e la disposizione a fare da corpo vile!»). Guarì dalla depressione (sembra) solo quando si innamorò di Anna Kuliscioff.