Enrico Deaglio, Diario n.10, L’Unit., 25 gennaio 2001
In quelle prime ore, e poi nei giorni successivi, accaddero diversi fatti bizzarri: il questore Allitto Bonanno si impossessò, all’ospedale San Carlo, dei vestiti (tagliati e insanguinati) e degli effetti personali del commissario Calabresi
In quelle prime ore, e poi nei giorni successivi, accaddero diversi fatti bizzarri: il questore Allitto Bonanno si impossessò, all’ospedale San Carlo, dei vestiti (tagliati e insanguinati) e degli effetti personali del commissario Calabresi. I secondi vennero restituiti, i primi scomparvero. E nessuno glieli chiese mai; il magistrato Viola non dispose la perizia medico legale. La salma del commissario fu esaminata solo esternamente, fotografata e radiografata. Dal capo vennero estratti un grosso frammento di proiettile marca Giulio Fiocchi calibro 38, molto deformato dall’impatto con le ossa del cranio, e altri tre piccoli frammenti metallici. Del secondo proiettile, che non era stato ritrovato, venne stabilito il tragitto, benché molto sommariamente: era entrato nella regione lombare destra ed era fuoriuscito dalla regione sottoscapolare sinistra; la ricerca del secondo proiettile (che, dopo aver attraversato il corpo non poteva essere andato, per le leggi della fisica, molto lontano) stranamente non diede frutti. Non venne trovato dove avrebbe dovuto essere: né nei vestiti, né sulla lettiga, né nei locali del pronto soccorso, né sul luogo del delitto. Però il 28 maggio (undici giorni dopo) il signor Federico Federici consegnò a un agente di polizia un proiettile calibro 38 rinvenuto in via Belfiore angolo via Cherubini, a 40 metri dal luogo dell’omicidio. E il 20 maggio (ovvero a tre giorni dal delitto), un altro cittadino milanese, il signor Emanuele Recchia, aveva consegnato ad un altro agente un bossolo da lui trovato in terra, ad appena dieci metri dal luogo del delitto, di calibro 7,65, marca Beaux. Di questi due reperti non è rimasta alcuna traccia, né verbale di acquisizione; l’automobile, esaminata dalla Scientifica, si dimostrò priva di qualsiasi impronta digitale. Portata nel cortile della Questura, vi rimase, alla curiosità di tutti, per due mesi; a partire dal 21 maggio, l’Unità e il Corriere scrivono che ha sparato una Smith & Wesson calibro 38, benché nessuna perizia balistica sia stata effettuata; una delle più importanti testimoni oculari del delitto, la signora Margherita Decio, che aveva rilevato il numero di targa della Fiat 125 e aveva telefonato alla polizia, trovò poi delle microspie nel suo telefono. (L’episodio venne reso noto molti anni dopo, nell’ambito di un processo contro società di investigazione private).