Enrico Deaglio, Diario n.10, L’Unit., 25 gennaio 2001
Questo è ciò che emerge dai fascicoli processuali. La mia personale convinzione, leggendo il dettagliato «parere pro veritate» del professor Ugolini, è che egli provi con forti argomenti la tesi che i due proiettili non furono sparati dalla stessa arma
Questo è ciò che emerge dai fascicoli processuali. La mia personale convinzione, leggendo il dettagliato «parere pro veritate» del professor Ugolini, è che egli provi con forti argomenti la tesi che i due proiettili non furono sparati dalla stessa arma. Per cui, o gli sparatori furono due (ipotesi surreale), o lo sparatore sparò con due pistole (teoricamente possibile), oppure il proiettile Giulio Fiocchi calibro 38 su cui si è discusso da 25 anni a questa parte non c’entra nulla con il delitto Calabresi e fu messo lì forse per insipienza, forse per malizia, forse per dolo. (Si sa ora che pratiche del genere, in quei tempi a Milano, non erano inconsuete). E per l’attentato di Peteano, ricordato all’inizio, è ormai provato con sentenze che altri ufficiali dei carabinieri volutamente depistarono le indagini, fin dal primo giorno. Per la precisione, cercarono di indicare nel delitto Calabresi e nella strage di Peteano due tappe della strategia terroristica del gruppo Lotta continua.