V.D. sul Corriere della Sera del 25/01/2001 pagina 9., 25 gennaio 2001
«Nei paesi nordafricani il deserto avanza e sommerge strade, terreni fertili, oasi e città, travolgendo tutte le "linee di resistenza" finora organizzate
«Nei paesi nordafricani il deserto avanza e sommerge strade, terreni fertili, oasi e città, travolgendo tutte le "linee di resistenza" finora organizzate. La Mauritania è molto colpita da questa tragedia: tre quarti del territorio sono ormai coperti dalle dune del Sahara. E proprio lì Jean Meunier, agronomo francese ultrasettantenne, ha deciso di "incatenare" il deserto a modo suo. Anzichè rimuovere la sabbia con i bulldozer, o usare piantagioni-barriera (metodo poco efficace per mancanza d’acqua), lui usa la plastica: strisce di plastica nera, alte poco più di mezzo metro, con le quali imbrigliare le dune e costringere il vento a seguire percorsi meno devastanti. Da quando s’è messo all’opera, a una dozzina di chilometri dalla capitale Nouakchott, il deserto pare una scacchiera disegnata dal lunghissimo nastro nero, lungo il quale spuntano ciuffi di alberi piantati a ridosso della barriere proprio per ancorare il nastro al suolo. Il vento soffia ma la sabbia che solleva si appoggia alla barriera e le dune paiono finalmente incapaci di spostarsi. Per ovviare al problema dell’acqua Meunier ha ridotto il numero di alberi da impiantare e li ha sistemati in lunghi cilindri di plastica che costringono le radici a scendere in profondità per trovare umidità sufficiente a sopravvivere e, quindi, a tenere in piedi la griglia di plastica che immobilizza le dune. Ma i critici non mancano. Meunier, dicono, usa plastica non degradabile e se il suo metodo dovesse essere esteso a vaste aree, il deserto si traformerebbe in una discarica; inoltre, aggiungono alcuni botanici, impiega alberi di un’unica specie che si accaparrano la poca acqua disponibile e questo finirà per mettere in crisi il già fragile ambiente vegetale della regione. Lui replica che solo quel tipo di plastica può resistere alla violenza del sole di Mauritania e che i risultati che ottiene non sono nemmeno paragonabili a quelli ottenuti con metodi tradizionali. Li illustrerà a febbraio all’università di Nouakchott, al congresso internazionale su formazione e migrazione delle dune».