Dina Nascetti, L’Espresso, n.12, 1997, 26 gennaio 2001
Tra gli sciiti dell’Iran si va diffondendo il matrimonio temporaneo, unione stipulata con un vero e proprio contratto che di solito dura poche ore, al massimo qualche giorno
Tra gli sciiti dell’Iran si va diffondendo il matrimonio temporaneo, unione stipulata con un vero e proprio contratto che di solito dura poche ore, al massimo qualche giorno. Utilissimo per legalizzare la prostituzione facendo salva la morale. Unico obbligo della donna: non risposarsi prima di tre mesi, il tempo necessario per constatare un’eventuale gravidanza. Anche le studentesse, che pure considerano la verginità una prerogativa indispensabile per il vero matrimonio, usano quello temporaneo per andare alle feste senza incorrere in punizioni corporali: le guardie islamiche possono infatti entrare nelle case e frustare le ragazze che non sono regolarmente sposate con gli uomini presenti. Esempio di formula con cui l’uomo e la donna si ”sposano” davanti a un mullah: «Vuoi giacere con me? Godiamoci a vicenda per un periodo di due ore in cambio di una dote di 150 rial (circa 50 dollari)». Il matrimonio temporaneo, vietato dallo Scià, fu reintrodotto in Iran con l’avvento di Khomeini nel 1979, dopo che gli ayatollah avevano chiuso le case di tolleranza e giustiziato sulla pubblica piazza numerose prostitute. In Arabia Saudita esiste invece il ”misyar”, in pratica una legalizzazione dell’amante con tanto di certificato: l’uomo e la donna si sposano pur rimanendo nelle rispettive case, in modo che la moglie o le mogli di lui non ne vengano a conoscenza. Quelle che stanno peggio di tutte sono le donne algerine: gli integralisti prima le rapiscono, poi le sposano, tra le montagne, di fronte a uno sconosciuto che si autoproclama sceicco. Quando l’uomo si stanca dell’unione, la donna viene sgozzata. Unica possibilità di salvezza, restare incinta: in quel caso la ragazza viene rimandata nel suo paese.