Gian Paolo Ormezzano, Diario L’Unit n. 11, 29 gennaio 2001
Quanto andiamo a raccontare fa molto semplicemente parte del rapporto ufficiale del comitato antidoping di quelle Paraolimpiadi (secondo nome perbene)
Quanto andiamo a raccontare fa molto semplicemente parte del rapporto ufficiale del comitato antidoping di quelle Paraolimpiadi (secondo nome perbene). Dunque risulta che alcuni atleti paraplegici, sprovvisti di sensibilità nervosa e sensoriale, e quindi di sensibilità al dolore per quanto accade nella parte inferiore del loro corpo, hanno provocato artificialmente dolore a se stessi, ovviamente «da quelle parti», generando così nel loro organismo un aumento della pressione del sangue: il che significa in taluni un aumento anche del 15% del rendimento fisico. E perciò della prestazione atletica, Come è stato procurato questo dolore? Con la collocazione di punteruoli a contatto del corpo, e in grado di provocare ad ogni movimento ferite magari superficiali però dolorosissime, o anche con la chiusura del rubinetto che presiede alle funzioni urinarie, così da generare tensione alla vescica. Il soggetto è pieno di dolore, anche se non lo avverte, e il suo organismo reagisce con la provvida (per il rendimento in gara) violenza.