Giancarlo Perna, Panorama, n. 13 1997, 29 gennaio 2001
Dovendo rivolgersi al popolo bue, Lubrano usa un linguaggio misto di parole e mimica, buono per sordomuti
Dovendo rivolgersi al popolo bue, Lubrano usa un linguaggio misto di parole e mimica, buono per sordomuti. Le frasi sono brevi e stentoree. Scandite in un procidano – da Procida, l’isola napoletana da cui proviene – sonoro. «Leèi ci diica...» comincia Lubrano, rivolto al merceologo di turno. Poi tace con uno scatto delle mandibole e l’indice puntato sull’esperto. Immobile in questa posa forense, Lubrano fissa la telecamera con occhi penetranti.