Giancarlo Perna, Panorama, n. 13 1997, 29 gennaio 2001
Questa forma schietta di comunicazione è particolarmente apprezzata negli ambienti rurali e dai piccini che, col moto perpetuo delle mani di Lubrano, si divertono come a una recita di marionette
Questa forma schietta di comunicazione è particolarmente apprezzata negli ambienti rurali e dai piccini che, col moto perpetuo delle mani di Lubrano, si divertono come a una recita di marionette. Lo spettacolo ha i suoi alti e bassi, ma nel complesso è gradevole e merita il successo che ha. Però qualcosa disturba: lo scopo della rubrica, cioè la tutela dell’utente, diventa a tratti un mastodontico «ideale», quello di salvare il mondo dall’errore. Quasi senza accorgersene, Lubrano veste i panni di Don Chisciotte e si scaglia sul male all’arma bianca. Incalza il malcapitato messo sotto accusa (altro tipico protagonista della trasmissione, come il merceologo di prima) con una serie di interrogativi retorici, «Ma perché ?», «Mi faccia capire», «Ma com’è ?», come se combattesse all’ultimo sangue contro un drago fiammeggiante. E ha invece di fronte un sindaco, un bottegaio, un truffatorello da quattro soldi. Nel 90 per cento dei casi, infatti, Mi manda Lubrano affronta argomenti minuti – torti inflitti al vicino di casa, a un gruppo di condomini, a una comunità derelitta – non battaglie epiche contro monopoli arroganti e multinazionali aggressive.