Carlo Nordio, "Giustizia", Angelo Guarini editore, marzo 1997, 30 gennaio 2001
In Italia, invece, il pubblico ministero (detto in breve pm) non è necessariamente identificabile con l’accusa, ma «rappresenta l’interesse pubblico all’affermazione della legge»
In Italia, invece, il pubblico ministero (detto in breve pm) non è necessariamente identificabile con l’accusa, ma «rappresenta l’interesse pubblico all’affermazione della legge». Per questo qualche volta il pm può chiedere l’assoluzione dell’imputato. E per questo lo si chiama ”giudice”. Il suo ruolo nella tradizione italiana - scrive Carlo Nordio, che è favorevole alla separazione delle carriere - «non è tanto di persecutore quanto di garante». Ma questa posizione non duplica quella del giudice che deve giudicare (colui che, nel sistema anglosassone, abbiamo definito ”arbitro”)? E non dà al pubblico ministero un potere eccessivo quando costui, dimentico magari della sua posizione di garante, vuole piuttosto ”accusare fino in fondo”? Il problema della cosiddetta ”separazione delle carriere” (magari criticabile, ma plausibile in Italia finchè il sistema è come è) è tutto in questi termini.