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 2001  gennaio 30 Martedì calendario

Perché magistrati e politici litigano. Magistrati e poltici appartengono a due poteri che le democrazie occidentali vogliono separati perché si controllino a vicenda

Perché magistrati e politici litigano. Magistrati e poltici appartengono a due poteri che le democrazie occidentali vogliono separati perché si controllino a vicenda. I politici, una volta eletti in Parlamento, fissano le regole. I magistrati devono farle rispettare. I primi parlano con le leggi. I secondi con gli atti delle inchieste e con le sentenze. Storicamente i due poteri sconfinano dai rispettivi àmbiti quando si sentono minacciati l’uno dall’altro. Se, per esempio, finiscono sotto inchiesta molti politici, come è successo con Tangentopoli, la classe politica si sente minacciata e, magari, invia, attraverso il ministro di Grazia e Giustizia, ispettori nei palazzi di Giustizia per controllare che i magistrati non abbiano violato la legge nella conduzione delle indagini, invoca il garantismo quando scattano le manette, chiede, attraverso i suoi rappresentanti al Csm (il Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei magistrati) procedimenti disciplinari per i giudici troppo o troppo poco ”solerti”, approva leggi che arginino il potere dei magistrati. Di contro, i magistrati che giudicano i potenti possono acquisire, come è accaduto con Tangentopoli, un potere molto più forte del solito: finiscono sui giornali, possono lasciarsi trascinare dalle simpatie politiche, possono determinare, con le loro inchieste, le sorti di un partito, possono, sempre attraverso il Csm e attraverso i loro rappresentanti, salvare i colleghi dai procedimenti disciplinari.