Panfilo Gentile, "Democrazie mafiose", Ponte alle Grazie, 1997(prima edizione 1969)., 30 gennaio 2001
I nostri parlamentari non sono quindi né baroni, né miliardari, né operai, né contadini. Che cosa sono allora? Semplicissimo: sono nella stragrande maggioranza piccoli borghesi intellettuali, e cioè persone in massima fornite di diplomi o di lauree e teoricamente preparati per l’esercizio delle professioni liberali o per gli impieghi di concetto
I nostri parlamentari non sono quindi né baroni, né miliardari, né operai, né contadini. Che cosa sono allora? Semplicissimo: sono nella stragrande maggioranza piccoli borghesi intellettuali, e cioè persone in massima fornite di diplomi o di lauree e teoricamente preparati per l’esercizio delle professioni liberali o per gli impieghi di concetto. Appartengono socialmente tutti a una stessa classe, tutti hanno ricevuto una stessa (mediocre) istruzione nelle nostre scuole pubbliche. Si distinguono fra di loro non per diversità di origini o di interessi economici ma solo per una diversità di opinioni, la quale li divide in partiti spesso accaniti l’uno contro l’altro. Ciò contraddice i luoghi comuni degli pseudo-marxisti, secondo i quali la diversità delle idee dovrebbero derivare dalla diversità della classe economica. Una seconda constatazione poi ci avverte che questi piccoli borghesi sono generalmente dei disoccupati. Indirettamente si può accertarlo dal fatto che stanno in Parlamento. E, come vedremo, oggi possono esistere solo i politici professionisti. Anche in questo settore l’epoca del barone de Coubertin è finita. Come nello sport, così nella vita politica non vi è più posto per il dilettantismo. La vita pubblica non si può più esercitare, dedicandole solo i ritagli di tempo. assorbente, massacrante, promette a breve termine infarti e trombosi. Non si arriva a Montecitorio o a Palazzo Madama, né, arrivandoci vi si resta, senza un impegno totale della propria esistenza.