30 gennaio 2001
CAPPELLETTI
Dante, di anni 50, critico teatrale e docente universitario. Una foto, pubblicata dai giornali, lo mostra meravigliosamente sorridente e buffamente somigliante a Charlie Chaplin. Ai cronisti che interrogano, gli amici rispondono in un solo modo: cordiale, discreto, disponibile nel senso più pieno della parola, gli studenti andavano senza problemi a casa sua, in via Livorno 36, un appartamentino da trecentomila al mese, piccolo piccolo, semi interrato dove poi lo trovò la sorella insospettita dal fatto che lo chiamava al cellulare e quello non rispondeva, stava infatti in casa sua col corpo infilato sotto al letto fino alla vita, i piedi che spuntavano fuori ancora infilati nelle scarpe, i pantaloni addosso, ma senza camicia, il busto coperto da una canottiera rossa. Strangolato col filo del telefono. Uno lo teneva fermo e un altro lo ammazzava? Può darsi. Ha dei tagli e delle unghiate piuttosto caratteristici sulle braccia. Era anche abbastanza robusto per difendersi. Pagava i ragazzi? Assolutamente no. Nella casa nessuno ha rubato niente, ma non si è mai più trovato il telefono cellulare (Roma, giovedì 17 ottobre 1996).