Umberto Eco, L’Espresso, n.16, 1 febbraio 2001
Mi scuso per la citazione abusata (’Sfortunato quel paese che ha bisogno di eroi”), ma l’eroe è personaggio che le mitologie dotano di poteri sovrumani affinché faccia quello che le persone normali non possono fare
Mi scuso per la citazione abusata (’Sfortunato quel paese che ha bisogno di eroi”), ma l’eroe è personaggio che le mitologie dotano di poteri sovrumani affinché faccia quello che le persone normali non possono fare. Invocarlo denuncia sempre una sindrome d’impotenza, credere che ci sia è una scusa per non fare. Se in un paese le ferrovie non funzionano non bisogna invocare un eroe salvatore, ma chiedersi se la colpa è dei capistazione, del direttore generale, di chi altro. Uno degli atteggiamenti più patetici in questo secolo (credo che la colpa sia di Julien Benda) è di lamentare per qualsiasi crisi sociale o politica il tradimento degli intellettuali, oppure invocarli per risolvere tutti i problemi difficili. Una volta Jacques Attali aveva convocato un congresso di dimensioni mostruose a Parigi sul tema ”gli intellettuali e le crisi del nostro secolo” e il mio intervento si era limitato a poche parole: «Badate che gli intellettuali, per mestiere, le crisi le creano, ma non le risolvono». Creare le crisi non è una cosa cattiva. Scienziati, filosofi, scrittori parlano per dire: «Credevate che le cose stessero così, e invece vi state crogiolando in un’illusione perché stanno in un modo tremendamente più complesso». Questo hanno fatto gli intellettuali che abbiamo studiato a scuola, si chiamassero Parmenide, Einstein, Kant, Darwin, Machiavelli o Joyce.