Sandro Ottolenghi, Panorama, n. 14 1997, 1 febbraio 2001
Le loro concezioni si possono riassumere così: mentre per i liberali della tradizione classica lo stato è un «male necessario», che va limitato, per i libertarians lo stato è un male e basta, nemico della libertà degli individui
Le loro concezioni si possono riassumere così: mentre per i liberali della tradizione classica lo stato è un «male necessario», che va limitato, per i libertarians lo stato è un male e basta, nemico della libertà degli individui. Ogni stato, infatti, viola sistematicamente il diritto a disporre delle proprie cose, imponendo tasse e regolamenti. Più in generale, lede il diritto a disporre della propria vita e del proprio corpo, col servizio militare obbligatorio, col divieto di suicidarsi o di abortire liberamente. E nessuna di queste violenze legali ha una utilità sociale. A produrre benefici per la collettività basta e avanza il libero mercato, che andrebbe esteso a tutte le sfere della vita sociale: perfino le tipiche prerogative statali (polizia, giustizia, difesa dell’ambiente) andrebbero messe nelle mani di privati. Men che meno lo stato dovrebbe proporsi di realizzare equità, giustizia o paradisi in terra.