Sandro Ottolenghi, Panorama, n. 14 1997, 1 febbraio 2001
ovvio che i libertarian si attirino molte critiche. C’è chi li accusa di essere degli utopisti, cultori di realtà irrealizzabili
ovvio che i libertarian si attirino molte critiche. C’è chi li accusa di essere degli utopisti, cultori di realtà irrealizzabili. Chi li vede come populisti capaci solo di sfruttare lo scontento generale, dato che il 39 per cento degli americani, secondo la Gallup, ritiene che il governo federale rappresenti una concreta minaccia ai diritti e alle libertà dei cittadini. Chi, ancora, li immagina come ”militia-men” capaci di mettere una bomba in un edificio pubblico, come è successo a Oklahoma City. Vengono rappresentati, talvolta, come un’accozzaglia di estremisti fanatici, arrabbiati e delusi capaci solo di aggredire avvocati, burocrati, giudici, poliziotti. Gente che si rinchiude nell’«ultimo underground», ereditando ciò che resta dei liberali e dei radicali, dei movimenti di liberazione degli anni Sessanta e Settanta, ma coinvolgendo anche baby-boomer e maggioranze silenziose.