Gian Antonio Stella, Sette n. 14, 1996, 2 febbraio 2001
Macché, quel cinema lì, purtroppo, non lo sa fare. E così tutta la sua vita si riassume in una giostra surreale: gira un po’ di film porno, trionfa al botteghino, fa un sacco di quattrini, usa i soldi per produrre un film serio, tracolla al botteghino, piomba sul lastrico e ricomincia col porno per tirar su i soldi per pagare i debiti e tornare un domani a nuovi fiaschi con un film normale
Macché, quel cinema lì, purtroppo, non lo sa fare. E così tutta la sua vita si riassume in una giostra surreale: gira un po’ di film porno, trionfa al botteghino, fa un sacco di quattrini, usa i soldi per produrre un film serio, tracolla al botteghino, piomba sul lastrico e ricomincia col porno per tirar su i soldi per pagare i debiti e tornare un domani a nuovi fiaschi con un film normale. Ma per raccontare questa vita, tutta imperniata su un alternarsi di vacche grasse e vacche magre (sia detto senza ironia per le sue attrici), val la pena di partire dall’inizio. Cioè da quando Joe D’Amato, col nome di Aristide Massaccesi, entrò nel cinema dalla porta principale. Al fianco d’un mostro sacro come Jean Renoir.