Marcello Maddalena, Il Borghese n. 5, 1997, 6 febbraio 2001
Caso 3. Un grosso boss mafioso appena arrestato chiede, nel ”momento magico” dell’arresto, di essere interrogato subito dal magistrato (e solo dal magistrato) inquirente, prima di essere tradotto in carcere, perché vuole collaborare, far arrestare dei latitanti, far scoprire (letteralmente) dei cadaveri, sventare degli omicidi già in fase di esecuzione, ecc
Caso 3. Un grosso boss mafioso appena arrestato chiede, nel ”momento magico” dell’arresto, di essere interrogato subito dal magistrato (e solo dal magistrato) inquirente, prima di essere tradotto in carcere, perché vuole collaborare, far arrestare dei latitanti, far scoprire (letteralmente) dei cadaveri, sventare degli omicidi già in fase di esecuzione, ecc. ecc. E avverte che domani sarebbe sicuramente troppo tardi. Che si fa? Ieri, si è potuto interrogare e il ”domani” non è arrivato troppo tardi. Oggi, non più. Sempre per civiltà giuridica. Ma per fortuna i futuri morti ammazzati non lo sanno e non possono protestare. E perciò di loro nessuno si cura. Per loro non ci sono ”momenti magici”, ma solo ”momenti tragici”: che non permettono non dico la rivendicazione o la protesta, ma neppure il lamento. Per loro non c’è un 41-bis da ”umanizzare”. Per loro non c’è chi si ”agghiaccia”. Giustamente tali emozioni supreme vanno riservate non ai commissari Calabresi assassinati ma ai loro assassini (giudicati tali da sentenza passata in giudicato e pronunciata in nome del popolo italiano).