Claudio Carlone, Capital n. 6, 1997., 7 febbraio 2001
Lei è sempre stato attento ai problemi dei giovani e all’educazione. Né parlerà il 5 giugno al convegno ”Futuro del sapere, futuro del lavoro”, per la quinta edizione di ”Dieci Nobel per il futuro”
Lei è sempre stato attento ai problemi dei giovani e all’educazione. Né parlerà il 5 giugno al convegno ”Futuro del sapere, futuro del lavoro”, per la quinta edizione di ”Dieci Nobel per il futuro”. Vorrebbe anticipare i contenuti? «Parlerò dell’importanza di insegnare la cultura scientifica fin dalla più tenera età, e con l’aiuto consapevole della famiglia. Il cervello alla nascita è semplicemente predisposto ad accogliere un software che non possiede ancora. L’informazione necessaria e la capacità di elaborare viene immessa dopo, proprio nella primissima fase dell’educazione . il caso delle lingue, fra gli uno e i due anni, ma è così per tutto: le attitudini, ciò che viene reputato bello o brutto o cattivo. Dunque anche i principi basilari della scienza. Di recente ho letto un articolo su una rivista che trattava degli orfanotrofi in Bulgaria, dove i bambini sono abbandonati a se stessi, senza assistenza. Non sono quasi mai in compagnia di adulti, non sanno che cosa voglia dire affetto, attaccamento alla famiglia. C’era la fotografia di uno di loro, di due o tre anni, in piedi con il pollice in bocca e uno sguardo vuoto. In questo stato la prima immagine che riesce a captare farà parte per la vita del suo poverissimo patrimonio culturale. La famiglia è l’unica struttura che possa dare una corretta educazione. L’elemento personale è imprescindibile. Perciò, prima ancora che i figli, bisognerebbe educare i genitori». (Renato Dulbecco a Claudio Carlone).