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 2001  febbraio 07 Mercoledì calendario

Tra i numerosi suicidi di questa settimana, si notano quelli di quattro detenuti che si son tolti la vita in quattro carceri diverse: Salvatore Loriga, di anni 25, nella casa circondariale di Cagliari, impiccandosi con un lenzuolo alle sbarre della cella; Melad Meftah, di anni 43, in quella di Padova, lasciandosi morir di fame; Michele Botti, di anni 23, nel carcere di Cremona, mettendo la testa in un sacchetto di plastica e aspirando gas da una bomboletta da campeggio attraverso un tubicino; Giovanni Giannotta, di anni 54, in quello di Asti, impiccandosi anche se nessuno ha spiegato come ci sia riuscito

Tra i numerosi suicidi di questa settimana, si notano quelli di quattro detenuti che si son tolti la vita in quattro carceri diverse: Salvatore Loriga, di anni 25, nella casa circondariale di Cagliari, impiccandosi con un lenzuolo alle sbarre della cella; Melad Meftah, di anni 43, in quella di Padova, lasciandosi morir di fame; Michele Botti, di anni 23, nel carcere di Cremona, mettendo la testa in un sacchetto di plastica e aspirando gas da una bomboletta da campeggio attraverso un tubicino; Giovanni Giannotta, di anni 54, in quello di Asti, impiccandosi anche se nessuno ha spiegato come ci sia riuscito. Il caso del detenuto Meftah, della cui inedia nessuno in apparenza s’è occupato, ha provocato un’interrogazione parlamentare. Quello del Botti, che era accusato di aver ucciso il padre, dovrebbe procurarne qualcuna, perché i medici avevano avvertito le guardie di quello che si proponeva il giovane. Anche quello del Giannotta, un ex postino, dovrebbe pure avere conseguenze, perché l’uomo era da tempo in evidente crisi depressiva, indotta anche dalla prospettiva di dover scontare l’ultimo periodo di prigionia in manicomio. Nel ’94 Giannotta, con un coltello in pugno, era saltato addosso a moglie e figlio, senza riuscire a ucciderli però. E s’era poi pentito assai di questo gesto, come mostrano le lettere che la moglie stessa ha portato a ”La Stampa” e dalle quali sarebbe dovuto risultar palese che l’uomo andava sorvegliato. «Cara mogliettina mia [è una lettera dello scorso febbraio, ndr. ] ti scrivo per dirti che quando sei venuta a novembre a portarmi le scarpe mi hai baciato e mi hai fatto tenerezza. Il fatto che mi hai comprato la tuta da ginnastica vuol dire che mi vuoi bene, come anch’io ti voglio bene, e se potessi ritirare la mano che ha preso il coltello, lo farei». Altre lettere mostrano lo sprofondare nella tristezza: «Cara mogliettina, cercherò di scriverti anche nella debolezza, perché la mia forza tende a mancare...» oppure «...è successo qualcosa che mi ha portato a piano terra... mi devo accontentare di come riesco a vivere...» o anche «...si mangia appena per tenersi in vita... se proprio non mi vuoi bene cercherò la morte...ª