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 2001  febbraio 08 Giovedì calendario

Li osservavo mentre dopo pranzo chiacchieravano in un salotto dell’Ambasciata d’Italia in Grosvenor Square, Winston Churchill seduto su un divanetto Chippendale, Mario Scelba su una poltrona accanto messa di sbieco per lasciar posto all’interprete

Li osservavo mentre dopo pranzo chiacchieravano in un salotto dell’Ambasciata d’Italia in Grosvenor Square, Winston Churchill seduto su un divanetto Chippendale, Mario Scelba su una poltrona accanto messa di sbieco per lasciar posto all’interprete. Era un inverno molto freddo. Churchill, che parlava quasi ininterrottamente, aveva esordito dicendo: «Da quando i Romani hanno lasciato questo Paese, gli Inglesi hanno dimenticato come si fa a riscaldarsi». E si era lanciato in una rievocazione storica della ”visita”, disse così, dell’imperatore Adriano, spiegandoci come avevano costruito il vallo fra Newcastle e Dyke- sfield, e il muro quasi parallelo, come avevano spostato i blocchi di pietra e con quali criteri avevano distanziato le sue 320 torri. Mario Scelba ascoltava annuendo come uno che conferma quanto il suo interlocutore va dicendo, ma ero convinto che egli di quel vallum ne sapesse quanto me, quanto gli altri ospiti presenti, men che nulla. I due personaggi avevano simpatizzato fin dal primo incontro. Imprevisti della natura umana, perché un accostamento fra due individui più diversi era difficile immaginare. Uno, discendente dal primo Duca di Malborough, scrittore raffinato, famoso per il suo sense of humour, bizzarro e tirannico, viveur di classe, egocentrico e generoso; l’altro, nato 14 paralleli più a Sud dove non hanno bisogno del camino, in una città di provincia fra le miniere di zolfo e i monti della Sicilia Orientale, concittadino del suo maestro Don Sturzo, avvocato, figlio, nipote, pronipote di sottili giuristi e di sante donne che vivevano fra casa e chiesa e che una volta nella vita andavano a Palermo o a Siracusa, uomo politico astuto, antifascista senza compromessi dal ’22, credente di sicura fede, anticomunista viscerale, di cultura non certo sofisticata, coraggioso e tenace. [...]