Laura Facchi su Ventiquattro del 3/2/2001 alle pagine 43-46., 3 febbraio 2001
A Petropolovka, villaggio della Siberia meridionale abitato da cinquemila russi (oltre a un’americana, un italiano e un cubano), vive «il nuovo messia»
A Petropolovka, villaggio della Siberia meridionale abitato da cinquemila russi (oltre a un’americana, un italiano e un cubano), vive «il nuovo messia». Costui, quarant’anni, di nome Sergej Naderhda Akimovna, si fa chiamare Vissarion, «colui che dà vita». Sposato, cinque figli, ha scritto due libri («L’Ultimo testamento» e «L’ultima speranza»). Il suo volto compare su tutti i muri del villaggio, il Natale si festeggia il 14 gennaio, giorno del suo compleanno. I fedeli passano le giornate a trasportare legna, spalare neve, costruire case. Non mangiano carne, non fumano, non bevono, non si drogano. Le donne indossano sempre la gonna, per far circolare energia tra il corpo e lo spazio. Sette volte al giorno vanno a pregare sulla montagna di fronte al villaggio, detta la «Nuova Gerusalemme». Ogni mattina Vissarion incontra le famiglie nella Guest House. Ogni sera, per prepararsi all’evento, le donne si chiudono con i bambini nelle saune di legno, lasciano sciogliere i muscoli col vapore, quindi si rotolano nude nella neve. All’ultimo piano della Guest House ci sono due computer, due televisori e due videoregistratori, alimentati con l’energia nucleare della stazione di Krasnojarsk. I fedeli hanno un fondo comune: nessuno è obbligato a versare soldi, ma tutti lo fanno. Il denaro non viene utilizzato per la vita di ogni giorno ma per diffondere la parola di Vissarion (pagare i suoi viaggi, pubblicare e tradurre i suoi libri).