Marco De Martino, Panorama, n.26, 1997., 12 febbraio 2001
«George Orwell, negli anni Trenta il primo a parlare di ”puzza del proletariato”, chiariva che la questione non riguardava le ascelle dei lavoratori quanto le reazioni che il loro sudore suscitava in coloro che appassionatamente sostenevano la loro causa: ”I pacifisti, le femministe, i barbuti bevitori di succhi di frutta, i nudisti, quelli in sandali e gli eccentrici del cibo”, ovvero i vegetariani
«George Orwell, negli anni Trenta il primo a parlare di ”puzza del proletariato”, chiariva che la questione non riguardava le ascelle dei lavoratori quanto le reazioni che il loro sudore suscitava in coloro che appassionatamente sostenevano la loro causa: ”I pacifisti, le femministe, i barbuti bevitori di succhi di frutta, i nudisti, quelli in sandali e gli eccentrici del cibo”, ovvero i vegetariani. E tra costoro Orwell annoverava anche se stesso. Orripilato dagli odori provenienti dalla tripperia Brooker di Wigan Pier, in Inghilterra, nei cui appartamenti portò a termine il suo celebre saggio sulle condizioni di vita del proletariato (Strada di Wigan Pier, 1937), lo scrittore ne dedusse che a mantenere rigide le divisioni di classe non fossero soltanto i ceti bassi con il loro cattivo odore, ma anche la classe media con la sua cattiva coscienza: ideologicamente simpatizzava con il proletariato, visceralmente ne era disgustata».