Claudio Altarocca, La Stampa, 29/07/1994., 29 luglio 1994
Tutti i ricordi mi portano lì, nella casa di Reggio Calabria», dice Gianni Versace, e guarda rapido attorno per cogliere in un colpo solo i divani di camoscio blu nello studio, la scrivania e il caminetto del Settecento, i quadri di Pistoletto e Cucchi, i bozzetti teatrali di Bob Wilson e il disegno di Karl Lagerfeld, le migliaia di volumi d’arte
Tutti i ricordi mi portano lì, nella casa di Reggio Calabria», dice Gianni Versace, e guarda rapido attorno per cogliere in un colpo solo i divani di camoscio blu nello studio, la scrivania e il caminetto del Settecento, i quadri di Pistoletto e Cucchi, i bozzetti teatrali di Bob Wilson e il disegno di Karl Lagerfeld, le migliaia di volumi d’arte. In quel breve sguardo sembra comprendere l’intero suo regno di via Gesu’ e persino la villa sul lago di Como e la villa a Miami, tutto quel che ha raccolto da quando è venuto a Milano nel ’72, a 26 anni. Era ben diversa la sua casa di Reggio Calabria, una bella casa del Sud: dalle finestre si vedeva il mare, che in quel punto sullo Stretto sembra un lago, e davanti aveva le palme e di fianco la cattedrale; e poco sotto, al sole, splendevano i mosaici delle terme romane con i delfini e la Medusa color blu e rosso pompeiano. «Tutti i ricordi mi portano in questa citta’ di mare»: come se la sua vita, da quando ha lasciato Reggio, fosse un unico affanno senza memoria. Versace parla a spirale, a giri sempre piu’ stretti verso un punto, e alla fine estrae un episodio, un incontro fra lui e suo padre, un momento che è come una pausa, un silenzio autentico nella sua vita affollata e trafelata. «Era un’estate terribile di afa e cenere, la cenere che il vento porta a volte dalla Sicilia».