Claudio Altarocca, La Stampa, 29/07/1994., 29 luglio 1994
Il padre che Versace rivide quel giorno d’agosto era il poeta della famiglia. Amava l’arte e l’opera, portò il figlio la prima volta a sette anni a vedere un ballo in maschera al teatro Cilea: «Canticchiava sottovoce»
Il padre che Versace rivide quel giorno d’agosto era il poeta della famiglia. Amava l’arte e l’opera, portò il figlio la prima volta a sette anni a vedere un ballo in maschera al teatro Cilea: «Canticchiava sottovoce». Lo portava al cinema: «Mi fece vedere la Mangano di Riso amaro, la Loren e la Lollo, e io disegnavo donnine con tette grossissime e vita sottile sui quaderni di scuola. Il maestro mi sgridava, diceva che ero un maniaco sessuale. Esageravo i particolari del corpo perché quando disegni devi sempre guardare gli estremi. Erano i miei primi figurini». E lo portava al Lido: «Suonavano Parlami d’amore Mariù e qualche mambo. Io mangiavo un gelato al tavolino e mio padre ballava con mia madre: li guardavo, ed ero orgoglioso». Ai figli diceva: «Fate quello che volete». Era distante: «Non ha mischiato la sua vita con la nostra. Non mi toccava. Mai una carezza». Avrebbe voluto che lo aiutasse nel commercio degli elettrodomestici: «Ma a me non interessava e lui si sentiva tradito. Quando sono partito per Milano non si e’ nemmeno degnato di salutarmiª