Claudio Altarocca, La Stampa, 29/07/1994., 29 luglio 1994
I ricordi per Gianni Versace sono un rifugio, ma anche un punto di partenza, un progetto: «Io non ho cercato niente: ho trovato
I ricordi per Gianni Versace sono un rifugio, ma anche un punto di partenza, un progetto: «Io non ho cercato niente: ho trovato. Mi serve una storia, un volto, un simbolo? Eccolo lì, lo prendo. Ho un archivio in mente. Tutto è stato così facile per me! Tante volte mi sento dire che sono all’avanguardia, che sono un uomo moderno: io trovo invece che sono classicissimo. Sono un uomo del Sud, della Magna Grecia, del Mediterraneo. Il Sud per me è vita, creazione, dramma. Il Nord non mi piace. Neanche Milano. Ho avuto tutto sotto gli occhi nell’infanzia e nella giovinezza». I ricordi sono una tastiera che lui suona liberamente. Gli piace mischiare: «Gli incontri impossibili sono le cose più belle. Con Maurice Bejart ho fatto alcuni balletti: in uno, Mishima incontra Evita Peròn e Wagner incontra Napoleone. Con Bob Wilson ho lavorato in teatro. Ho imparato la bellezza di far incontrare i miti, l’idea di mettere le cose sacre insieme con le cose non sacre, anche nei materiali: ho preso quanto c’è di più ricco al mondo, l’oro, e l’ho unito alla tela di sacco, ho congiunto la seta con la pelle».