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 2001  febbraio 15 Giovedì calendario

«Ho letto e riletto il lungo documento vaticano su matrimonio e famiglia, presentato lo scorso gennaio e poi pubblicato anche da ”Famiglia Cristiana” (n

«Ho letto e riletto il lungo documento vaticano su matrimonio e famiglia, presentato lo scorso gennaio e poi pubblicato anche da ”Famiglia Cristiana” (n. 12). Ma è stato come bere un calice amaro. L’argomento trattato ha riportato alla mia memoria gli anni giovani e fertili del mio matrimonio e le tante discussioni con le amiche dell’Azione Cattolica. E si tratta, ahimé, di ricordi tutt’altro che piacevoli. Da un lato, una grande rigidità morale; dall’altro, alibi e compromessi, sempre però a scapito delle donne. vero che per eliminare sensi di colpa nella moglie, certi mariti si assumevano in proprio la responsabilità delle ”trasgressioni”, ma le poverette, ritenendosi indegne di accostarsi alla Comunione, arrivavano a invidiare le ”fortunate” che, magari a causa di un intervento chirurgico, erano diventate sterili. E poi c’erano quelle il cui marito si ”consolava” con rapporti extraconiugali che, ovviamente, bisognava capire e perdonare... Il mio, ad esempio, dopo tante scappatelle, da me ”cristianamente” tollerate, quando una delle sue donnine rimase incinta, pensò bene di andarsene, abbandonandomi insieme ai figli. E non le dico quanto mi è costato sopravvivere. Da allora ho capito che i divieti non servono se la coscienza è morta. Con i miei figli li ho perciò eliminati tutti perché il dono della vita potesse avvenire dentro un progetto d’amore libero, responsabile. Non sono forse i pavidi e i disperati che finiscono per ricorrere all’aborto? Ho letto che il Papa ha annunciato una richiesta di perdono per gli errori commessi dalla Chiesa nei secoli passati e mi chiedo: a quando la domanda di perdono per gli errori di oggi? Non si può accettare che qualcuno dall’esterno violi l’intimità della coppia e impartisca istruzioni per compiere l’atto d’amore più personale e riservato che esista. E quanto poco contiamo noi donne nella Chiesa, visto che nessuno ci interpella. Nell’attesa che anche la gerarchia se ne accorga, io continuo a pensarla come il grande teologo Bernhard Haering: ”Nell’agire morale l’ultimo giudizio spetta alla coscienza di ognuno rettamente formata”».