Cinzia Dal Maso su la Repubblica del 17/2/2001 a pagina 27., 17 febbraio 2001
Lo scorso novembre una missione archeologica dell’Università di Praga ha scoperto sulle pareti della tomba egizia di Inti (gran dignitario e sacerdote alla corte del faraone Pepi) una canzone d’amore di 4
Lo scorso novembre una missione archeologica dell’Università di Praga ha scoperto sulle pareti della tomba egizia di Inti (gran dignitario e sacerdote alla corte del faraone Pepi) una canzone d’amore di 4.300 anni fa. La cappella sepolcrale della grande tomba calcarea a Abu Sir è tutta affrescata con dipinti dai colori vivaci. Il defunto è ritratto con la moglie Merut e i due figli, in compagnia del cane portato al guinzaglio da un servitore nano. Sulla parete a nord c’è una scena di canto con due arpiste e due cantanti: a lato, la porzione iniziale di un testo andato perduto. I geroglifici, tradotti dall’archeologo Bratislav Vachala, cantano «ammiro la tua bellezza e soggiaccio ad essa». Secondo l’egittologo Francesco Tiradritti, tuttavia, potrebbero avere anche un altro significato. Il geroglifico «nefer» (genericamente «bellezza»), infatti, significa anche «bravura». La frase che ne risulta («ammiro la tua bravura») potrebbe essere rivolta a uno dei due musicanti. «Nefer» è inoltre usato per indicare l’organo sessuale femminile: nel testo inciso sulle mura del tempio di Hatshepsut si dice ad esempio che il dio Ammone restò sbalordito dalla «nefer» della madre di Hatshepsut. In questo caso la canzone suonerebbe «ammiro la tua vagina e soggiaccio ad essa».