Giuseppe Antonelli su Il Sole 24 Ore del 18/2/2001 a pagina 29., 18 febbraio 2001
L’uso di abbreviare le parole era già diffuso nell’Ottocento. Ad esempio nelle lettere si usava abbreviare quasi sempre le formule di saluto iniziali e finali: «C
L’uso di abbreviare le parole era già diffuso nell’Ottocento. Ad esempio nelle lettere si usava abbreviare quasi sempre le formule di saluto iniziali e finali: «C.A.» («Caro amico»), «T.V.» («Tutto vostro») e «Obl.mo» («Obbligatissimo»). Nelle date, i nomi dei mesi si trasformavano spesso in parole alfanumeriche: «8bre», «9bre», «Xbre». Venivano tagliati anche il «mente» degli avverbi («incredibilm.e») e lo «zione» dei nomi astratti («educaz.e»). Nelle lettere della famiglia Leopardi a Giacomo sono usati «nro» e «vro» per nostro e vostro, «qlche» e «qdo» per qualche e quando. Il poeta Belli mandava ai parenti i suoi «affettuosissimi abb.cci», Giuseppe Giusti scriveva alla «B. di Risparmio». I corrispondenti ottocenteschi ricorrevano spesso all’abbreviazione con la sola iniziale, per difendere la privacy o per senso del pudore. Carlo Porta scrive:«Ho fatto leggere a D. il noto avviso», Bellini condivide con un amico il piacere di «mandare a far ff.re tutto e tutti», il generale Pietro Colletta si scusa «d’esser divenuto un secca-c.».