Raffaella Polato sul Corriere della Sera del 17/2/2001 a pagina 35., 17 febbraio 2001
Adriano Olivetti, nato a Ivrea l’11 aprile 1901, entrò a 23 anni nella fabbrica paterna di macchine da scrivere
Adriano Olivetti, nato a Ivrea l’11 aprile 1901, entrò a 23 anni nella fabbrica paterna di macchine da scrivere. La vide crescere dai 400 dipendenti di allora ai 25 mila del ’58. Nel ’60 morì ad Aigle per una trombosi celebrale. Alcuni economisti definiscono Adriano Olivetti un «utopista». Gianfranco Dioguardi, industriale:«Il suo abbinare la cultura all’impresa venne interpretato come un’utopia. E invece non lo era per nulla, e lo vediamo oggi. Le aziende vivono sempre più di "lavoratori della conoscenza"». Altri lo ritengono un «precursore» (nel ’31 la polizia fascista lo etichettò in un dossier come «sovversivo»). Marco Vitale, manager e docente universitario:« Olivetti esaltava le professionalità rispetto al potere. Che cosa cerca l’industria del nostro tempo, se non questo? Qual è il suo modello, se non quello che dieci anni fa immaginava il cosiddetto utopista?». C’è stato anche chi ha rimproverato a Adriano Olivetti un «peccato capitale»: la «troppa attenzione sociale» ha gettato nel baratro l’azienda da lui fondata. Vitale difende, invece, le capacità manageriali di Olivetti:«Adriano ereditò una "boita", come dicono in piemontese, e la trasformò in una multinazionale in meno di trent’anni. Non è stato esente da errori, ma il suo era un modello tutt’altro che fallimentare. Chi ha distrutto quella Olivetti è venuto dopo».