Alberto Papuzzi su La Stampa del 21/2/2001 a pagina 21., 21 febbraio 2001
Alla Deutsche Dienststelle di Berlino (archivio di Stato tedesco) sono state scoperte 364 mila schede, ognuna riassume la storia di un soldato italiano catturato dai tedeschi dopo l’8 settembre del ’43 e inviato in un lager (furono circa seicentomila)
Alla Deutsche Dienststelle di Berlino (archivio di Stato tedesco) sono state scoperte 364 mila schede, ognuna riassume la storia di un soldato italiano catturato dai tedeschi dopo l’8 settembre del ’43 e inviato in un lager (furono circa seicentomila). Gli internati lavoravano nelle fabbriche dei lager dodici ore al giorno e venivano pagati con moneta valida soltanto nei campi. Hitler negò loro lo status di prigionieri di guerra: non potevano appellarsi alla Convenzione di Ginevra e non avevano l’assistenza della Croce Rossa. Le lettere ai familiari documentano le condizioni di vita nei lager: «Da nove mesi non facciamo altro che bere al posto di mangiare. Bere acqua calda con un pezzo di carota o di rapa fradicia. Non mi riconoscereste più da quanto son magro, solo le ossa e lo spirito mi sono rimasti».