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 2001  febbraio 27 Martedì calendario

Nardacci Simeone di 8 anni. Il suo cadavere, ricoperto di formiche, venne trovato dalla polizia sotto le assi del pavimento di un capanno dell’Isola dei Topi (Fiumara Grande, Ostia, Roma)

Nardacci Simeone di 8 anni. Il suo cadavere, ricoperto di formiche, venne trovato dalla polizia sotto le assi del pavimento di un capanno dell’Isola dei Topi (Fiumara Grande, Ostia, Roma). Un breve esame del corpo stabilì che il bambino era morto di soffocamento: non solo per le assi che gli schiacciavano il petto ma anche perché, durante l’agonia, un rigurgito di cibo gli aveva chiuso la gola. Un esame più attento stabilì che era stato picchiato, probabilmente con un bastone, e che un colpo gli aveva sfondato il petto. Le indagini portarono all’arresto di un vicino di casa: Vincenzo F. che fu già indagato molte volte in passato per molestie sessuali ai figlioli. Il cognome di Vincenzo - che si proclama innocente - non è stato reso noto per tutelare il suo figliolo Danilo, di undici anni. Danilo, soprattutto, che dopo aver cercato di scagionarlo accusa il padre. Egli ha raccontato gli ultimi momenti di Simeone così: domenica 19 i due bambini erano stati tutti il giorno a giocare nello spiazzo delle case occupate di via Capo d’Armi ad Ostia. A sera, Danilo aveva chiesto a Simeone di venire a mangiare con i suoi al capanno dell’Isola dei Topi, dove il padre teneva l’occorrente per la pesca. Avevano mangiato di gusto pasta, insalata di riso, un pollo. C’erano i genitori di Danilo e un suo fratello. A fine cena, Danilo aveva proposto di andare a giocare in una certa baracca che sta nella pineta lì vicino. Erano andati e il padre di Danilo, Vincenzo, li aveva accompagnati. Era notte e avevano la pancia piena di cibo e vino. Il padre - secondo quello che racconta Danilo - chiese ai bambini di essere toccato. Simeone si rifiutò e si mise a piangere. La polizia ha detto ai giornalisti che questo padre - Vincenzo F. - tre volte in passato era stato accusato di aver violentato i figli. Ma per tre volte i figli avevano poi ritirato la denuncia. Vincenzo, in questura, aveva sempre concluso i suoi interrogatori con la frase: «So’ pulito, io». La famiglia della vittima e quella del presunto assassino vivono in una desolante miseria.