28 febbraio 2001
Vitale Lucio, di anni 44. Agente di cambio, da tempo separato dalla moglie, denunciato e poi rilasciato, sei anni fa, per associazione mafiosa, da tutti giudicato estroverso e brillante, una passione per i locali notturni, i vestiti di lusso e le belle donne, viveva in una delle zone più eleganti di Napoli
Vitale Lucio, di anni 44. Agente di cambio, da tempo separato dalla moglie, denunciato e poi rilasciato, sei anni fa, per associazione mafiosa, da tutti giudicato estroverso e brillante, una passione per i locali notturni, i vestiti di lusso e le belle donne, viveva in una delle zone più eleganti di Napoli. Da due anni non vedeva la figlia Manuela, di anni 22. Costei, capelli corti e neri con le mèches, per qualche tempo aveva lavorato in un negozio di pupazzi di peluche, poi era stata mandata via perché rubava di continuo i soldi della cassa. Alla morte del nonno materno aveva ereditato cento milioni con cui aveva rilevato un negozio di abbigliamento. Siccome gli affari andavano male ed era piena di debiti, si era fatta venire l’idea di rubare un po’ di soldi al padre dopo averlo addormentato con una bomboletta spray. Martedì sera, con la scusa di una visita, si presentò dal Vitale in compagnia del suo ragazzo, un Melillo Massimiliano che per guadagnare qualcosa disegnava tatuaggi e murales su commissione. Appena vide il padre Manuela gli chiese sette milioni «altrimenti è peggio per te», lui le diede una sberla in faccia e le torse un dito facendole cadere un’unghia finta. Il Melillo, pazzo di rabbia, tirò fuori un coltello e saltò addosso al Vitale sferrandogli sette colpi in petto e in gola. In un appartamento di Vico Belledonna a Chiaia, Napoli, verso le 9 di sera di martedì 15 dicembre.