28 febbraio 2001
Beatrice, di anni 8. Allegra, estroversa, lunghi capelli castani, soprannominata ”Fulmine” per la sua vivacità, padre dirigente di banca, madre assistente sociale, una sorella, Iris, di anni 18
Beatrice, di anni 8. Allegra, estroversa, lunghi capelli castani, soprannominata ”Fulmine” per la sua vivacità, padre dirigente di banca, madre assistente sociale, una sorella, Iris, di anni 18. Domenica pomeriggio uscì di casa per andare nella villetta a due piani della sua amica del cuore Manuela, figlia di una professoressa e di un geometra. Manuela non era in casa, c’era invece il fratello Alessandro, di anni 16, iscritto al secondo anno dell’istituto per geometri, biondo, glabro, robusto, cintura nera di karate, un po’ ritardato, da anni assistito da uno psicologo. Il ragazzino, che era solo in casa per fare i compiti di chimica, d’un tratto, forse perché gli venne voglia di palpare la bimba e lei si ribellò, forse perché lei lo chiamò ciccione, le premette un cuscino in faccia finché non smise di respirare, la chiuse in una scatola di cartone, la testa su due cuscini come se dormisse, in grembo la bambola che aveva portato in regalo all’amichetta, e la trasportò su una carriola fino a un cassonetto della spazzatura. Tra le tre e le cinque del pomeriggio di domenica 3 gennaio, in via Rovigo, a Este, Padova.