Stefano Malatesta su la Repubblica del 20/02/2001 a pagina 46-47., 20 febbraio 2001
Dopo cinque anni di restauri ha riaperto a Parigi il Guimet, Museo Nazionale delle Arti Asiatiche. Del vecchio edificio è rimasta solo la facciata, l’interno è stato suddiviso in tre piani, lo spazio espositivo aumentato di duemila metri quadrati
Dopo cinque anni di restauri ha riaperto a Parigi il Guimet, Museo Nazionale delle Arti Asiatiche. Del vecchio edificio è rimasta solo la facciata, l’interno è stato suddiviso in tre piani, lo spazio espositivo aumentato di duemila metri quadrati. Nell’ingresso è stata ricomposta un’enorme scultura cambogiana alata; l’intera collezione, tra le più grandi del mondo, è stata arricchita e trasformata. Fondato nel 1929 da Emile Guimet (industriale di Lione appassionato di storia delle religioni), il museo ha arricchito il suo patrimonio di reperti grazie alle donazioni degli esploratori francesi. Molti degli oggetti esposti provengono dagli scavi condotti da Victor Segalen nel sud della Cina e in Manciuria a partire dal 1909; una parte della collezione di statue indiane e i manoscritti in sanscrito sono frutto delle campagne di ricerca di Gabriel Jouveau-Dubreuil nell’area di Pondichery, ex-colonia francese. Joseph Hackin donò al Guimet mobili indiani in avorio, coppe cinesi in lacca e il «tesoro di Begram», un complesso bronzeo gandhara (antica civiltà che fonde induismo ed ellenismo). Hanno trovato una nuova sistemazione anche i rotoli e le bandiere votive in seta che il sinologo francese Paul Pellliot comprò nel 1906 da un monaco buddista di Dunhuang. Pelliot riuscì a pagare questi reperti (di inestimabile valore) solo novanta sterline, promettendo al monaco una donazione per il restauro delle grotte di Mogao (o "grotte dei mille Buddha").