Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1999  giugno 04 Venerdì calendario

Credo quindi di poter dare dell’omicidio D’Antona una lettura diversa da quelle che sinora ho ascoltato

Credo quindi di poter dare dell’omicidio D’Antona una lettura diversa da quelle che sinora ho ascoltato. Ritengo che la ”resurrezione” delle Br (se verrà confermata) in ambienti di medio/alto livello culturale e forse sociale, come sembrerebbe ipotizzabile dalla lettura del comunicato di rivendicazione, sia un elemento prevedibile, prevedibilissimo. Perché stupirsi se la generazione di studenti che è cresciuta nel mito del ’68, ha dato vita al ’77, ha subito l’ottusità degli anni ’80 e ’90 ed ora non si riconosce in questa società riscopre la lotta armata, il furore del ”tanto peggio, tanto meglio”? Un lavoratore dipendente del terziario di buoni mezzi intelletivi e culturali, per due milioni al mese, o poco più, esce di casa che non è ancora giorno e rientra col buio, viaggia su metropolitane puzzolenti e affollatissime, combatte guerre con i colleghi, i capi, i sottoposti, ha l’infarto da stress, si sfianca, talvolta si umilia, tutto per ottenere un promozione, un aumento di stipendio, che gli consentano di accedere al possesso di un’auto più bella, all’acquisto di un soggiorno in un villaggio vacanze, uniche speranze di un mondo senza speranze. Perché adesso tutti la pensiamo allo stesso modo, tutti vogliamo le stesse cose, tutti abbiamo accettato il mercato e le sue regole. Siamo in un vicolo cieco, è morta la speranza di un mondo diverso, una società diversa. Possiamo solo puntare a banali micro obiettivi, a piccoli miglioramenti, in fondo secondari, di un modus vivendi che è comunque segnato. Allora perché stupirsi, e perché inquietarsi, se qualcuno tenta di andare oltre questo misero orizzonte, tenta di sfondare il muro del vicolo cieco in cui si dibatte e di cui si sente prigioniero? Ammesso che il mezzo, cioè la lotta armata, l’omicidio politico, sia errato e comunque non efficace, forse il tentativo è comunque migliore dell’apatia e della resa. La prego di credere che la morte di Massimo D’Antona mi addolora profondamente sul piano personale ed umano, ma non posso fare a meno di considerare che si tratta di un obiettivo estremamente efficace sul piano politico, come simbolo della pretesa sinistra che ha messo la sua competenza al servizio dell’impresa e che viene colpita da chi si ritiene unico depositario dei valori della vera sinistra. Inoltre non si può negare che il risveglio della generazione dormiente (se di questo si tratta, come voglio sperare) sia da salutare come il primo fatto socialmente positivo del decennio» (Lettera di Massimo Di Stefano).