Mauro Covacich, Panorama, 08/07/1999, 8 luglio 1999
Abitavano praticamente sotto l’enorme ponte della ferrovia reso famoso da Carlo Lizzani con Achtung banditi, là dove le fabbriche e i capannoni industriali di Pontedecimo lasciano il posto alle prime tracce di natura di Campomorone, là dove la Val Polcevera smette di essere una direttrice di Genova e penetra sicura negli Appennini
Abitavano praticamente sotto l’enorme ponte della ferrovia reso famoso da Carlo Lizzani con Achtung banditi, là dove le fabbriche e i capannoni industriali di Pontedecimo lasciano il posto alle prime tracce di natura di Campomorone, là dove la Val Polcevera smette di essere una direttrice di Genova e penetra sicura negli Appennini. Scendendo verso il fiume, c’è un complesso di case bifamiliari con l’orticello sul retro, una specie di falansterio di pensionati dell’Ansaldo, dell’Italsider, della Miralanza che si sono fatti qui il loro eden tascabile con i risparmi e la liquidazione. In mezzo a loro, Evasio e Vera hanno approntato la loro domenica, forse senza sapere ancora che fosse l’ultima. Non hanno lasciato messaggi, hanno rassettato la tavola dopo il pranzo e hanno apparecchiato per la cena. La vicina che li ha visti uscire il pomeriggio per la gita domenicale assicura che avevano i modi gentili e cordiali di sempre. Una coppia felice. «Nessuno poteva immaginare» dice convinta. Forse, appunto, neanche loro. Oppure, la distruzione era già entrata. I sacchetti di sabbia erano già una trincea vinta e la felicità era solo un’operazione di immagine. Non stiamo precipitando, non stiamo precipitando. Siamo già in volo, ma non stiamo precipitando: l’estremo sforzo di rappresentazione di una coppia che si è guadagnata con i denti la serenità. Un saggio di pubbliche relazioni che, se fosse vero, darebbe alla loro complicità un’intonazione quasi eroica.