Carlo Bonini, Corriere della Sera, 08/07/1999, 8 luglio 1999
Verona. Ha cambiato faccia il «mostro». Si è fatto crescere una lunga barba corvina che gli conferisce un che di ieratico
Verona. Ha cambiato faccia il «mostro». Si è fatto crescere una lunga barba corvina che gli conferisce un che di ieratico. tornato a nascondere sotto una cascata di capelli la mezzaluna della sua follia. Quella cicatrice ad arco di compasso che ostentava al processo di primo grado lo aveva consegnato alla galleria di profili lombrosiani, ma era anche testimonianza di un trauma antico. Di un cervello segnato a 17 anni dalla mola chirurgica, che vale ora un’assoluzione e un viatico per quel luogo chiamato manicomio, definito dalla legge – con un più di eufemismo – Opg, ospedale psichiatrico giudiziario. Ha aspettato il verdetto nel chiuso della sua cella del carcere di Verona, intervallando zapping e letture di esercizi di training mnemonico. Solo. Gianfranco Stevanin ha accettato di rispondere attraverso i suoi avvocati Cesare Dal Maso e Lino Roetta a una serie di domande scritte del ”Corriere”. Ecco le sue risposte. Cominciamo dalla fine. Assolto. «Non pensavo che finisse così. Ritenevo che in un paese giustizialista come il nostro mi avrebbero lasciato all’ergastolo. Mi sbagliavo. E ne sono felice». Meglio finire in un manicomio? «Basta che non mi mettano in una cella imbottita a dare testate contro il muro. Perché se deve essere così, allora meglio l’ ergastolo in un carcere normale come quello in cui mi trovo».