Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 1999  luglio 08 Giovedì calendario

Forse è il primo delitto filosofico nella storia della criminologia, la prima volta in cui la lama affilata del ragionamento si trasforma nel ragionamento della lama affilata

Forse è il primo delitto filosofico nella storia della criminologia, la prima volta in cui la lama affilata del ragionamento si trasforma nel ragionamento della lama affilata. Di certo Yan Chanfour, stimatissimo professore di inglese nel liceo di Lurcy-Lévis, una vita da primo della classe, ha ucciso, «con almeno venti coltellate» è il responso dell’autopsia, il suo amico e collega Sébastien Barot nel bel mezzo di una discussione di filosofia, una della tante conversazioni inafferrabili che i due si concedevano durante la notte, con l’aiuto di una bottiglia che, peraltro, non vuotavano mai, davanti al camino acceso, attorno a un tavolo di cucina, come due adolescenti tormentati dalle grandi domande: l’essere e il non essere, la malafede, la paura, la religione, la sofferenza. Yan, che oggi ha 28 anni, non sa spiegarsi perché e ai giudici della Corte d’Assise di Moulins, nella regione francese dell’Allier, ripete: «C’era un grande caos nella mia testa». I giudici cercano ancora un’altra strada che non trovano, inutilmente battono la pista del delitto per gelosia, perché Yan è sposato e Sébastien non lo era; senza esito vanno a caccia di debiti e cambiali. Alla fine dunque giudici e poliziotti tornano alla filosofia perché i soli contrasti tra i due amici - «due carissimi amici, affettuosi e pieni di premure l’uno verso l’altro» - erano appunto dialettici, complicati come il concetto di ”esserci” in Heidegger, sottili come la mente che secondo un proverbio francese «è un filo di capello».