Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2001  marzo 03 Sabato calendario

De Vitis Domenico Pantaleo, di anni 76, detto ”Peo”. Abitava in aperta campagna in un casolare di tre stanze, una brandina, una cassettiera e un armadio, senza bagno e acqua corrente, solo sporcizia e disordine

De Vitis Domenico Pantaleo, di anni 76, detto ”Peo”. Abitava in aperta campagna in un casolare di tre stanze, una brandina, una cassettiera e un armadio, senza bagno e acqua corrente, solo sporcizia e disordine. Ai ferri corti coi figli che invano tentavano di convincerlo ad andare a stare con loro o in un ospizio lì vicino, percepiva tre pensioni, una d’invalidità perché da piccolo in un incidente si era paralizzato un braccio sinistro e menomato una gamba, una d’assistenza e quella di reversibilità della madre, per un totale di oltre tre milioni al mese. Cento milioni in banca, e non si sa quanti in casa, non spendeva un soldo e mangiava solo quello che gli portavano i parenti affrontando ogni volta le sue urla. Mercoledì sera qualcuno, forse un giovane eroinomane che da qualche tempo andava a fargli compagnia, entrò in casa, gli legò braccia e gambe, gli infilò un sacchetto in testa e lo lasciò soffocare, mentre sventrava i materassi in cerca di soldi. Alla periferia di Merine, Lecce.