3 marzo 2001
De Vitis Domenico Pantaleo, di anni 76, detto ”Peo”. Abitava in aperta campagna in un casolare di tre stanze, una brandina, una cassettiera e un armadio, senza bagno e acqua corrente, solo sporcizia e disordine
De Vitis Domenico Pantaleo, di anni 76, detto ”Peo”. Abitava in aperta campagna in un casolare di tre stanze, una brandina, una cassettiera e un armadio, senza bagno e acqua corrente, solo sporcizia e disordine. Ai ferri corti coi figli che invano tentavano di convincerlo ad andare a stare con loro o in un ospizio lì vicino, percepiva tre pensioni, una d’invalidità perché da piccolo in un incidente si era paralizzato un braccio sinistro e menomato una gamba, una d’assistenza e quella di reversibilità della madre, per un totale di oltre tre milioni al mese. Cento milioni in banca, e non si sa quanti in casa, non spendeva un soldo e mangiava solo quello che gli portavano i parenti affrontando ogni volta le sue urla. Mercoledì sera qualcuno, forse un giovane eroinomane che da qualche tempo andava a fargli compagnia, entrò in casa, gli legò braccia e gambe, gli infilò un sacchetto in testa e lo lasciò soffocare, mentre sventrava i materassi in cerca di soldi. Alla periferia di Merine, Lecce.