Alessandra Pieracci, La Stampa, 23/10/1999, 23 ottobre 1999
La madre, in pigiama e vestaglia, era riversa bocconi sul balcone, in un estremo tentativo di chiedere aiuto, verso l’appartamento vicino
La madre, in pigiama e vestaglia, era riversa bocconi sul balcone, in un estremo tentativo di chiedere aiuto, verso l’appartamento vicino. Dentro, una scia di sangue dalla camera da letto nel corridoio, in cucina e poi sul balcone. Colpita una prima volta alla testa in camera con la mazzetta da muratore, la donna ha tentato di sottrarsi all’assassino trascinandosi in cucina, ma qui c’era il coltello, ed è stata colpita alla schiena, una due, tre, quattro volte. Non è morta, ha continuato a strisciare verso il balcone e fuori, mentre le forze le venivano meno, è stata vibrata l’ultima coltellata, in pieno torace. La morte risalirebbe a due ore prima del ritrovamento. Il tempo, per il figlio, di cambiarsi gli abiti sporchi di sangue e disfarsi delle armi, forse lanciate dalla finestra. La mazza, completamente ripulita, è stata trovata sul piazzale, riconosciuta come probabile corpo contundente usato dall’assassino dopo che alcune persone ci avevano giocherellato, il coltello insanguinato era poco lontano. Dopo ore di domande incalzanti il giovane è crollato. E pensare che doveva essere festa grande, ieri, per la professoressa Petrucci. Per il figlio era pronto il regalo, alla festa erano stati invitati i parenti, gli amici e la fidanzata, tutti partecipi del grande giorno. Invece era solo l’ultima e la più grande delle bugie di Stefano.