7 marzo 2001
Montagna Debora, di anni 12, suo fratello Matteo, di anni 8, e la madre, Tosato Rossella, di anni 44, impiegata allo sportello appuntamenti della Asl di Merate, Lecco, sposata da venti anni con Montagna Mario detto Tino
Montagna Debora, di anni 12, suo fratello Matteo, di anni 8, e la madre, Tosato Rossella, di anni 44, impiegata allo sportello appuntamenti della Asl di Merate, Lecco, sposata da venti anni con Montagna Mario detto Tino. La famigliola, tranquilla e benvoluta da tutti, da quattro anni viveva a Verderio Superiore ma era in cerca di una casa più grande. Tra pochi giorni sarebbe andata in vacanza a Silvi Marina, sull’Adriatico. Il Montagna, di anni 45, baffi brizzolati e bella presenza, faceva il vigile in modo inappuntabile e meticoloso. Da qualche tempo s’era appassionato di enciclopedie e aveva preso a leggere la mano. Venerdì, tornando dal lavoro, portò con sé la pistola che di solito chiudeva nella cassaforte del Comune. Alle sette di sabato mattina, il paese silenzioso, mise un cuscino sulla bocca della moglie che gli dormiva accanto e le sparò. Il botto svegliò i vicini e fece scattare l’allarme nell’appartamento. Il Montagna andò a spegnerlo, poi si recò nella cameretta dei figli. Il primo colpo che sparò contro Debora andò a vuoto, il secondo, fra guancia e orecchio, le sfigurò il viso senza nemmeno svegliarla. Matteo invece tentò di alzarsi: il padre lo spinse di nuovo sul letto con una manata sulla fronte e mirò dritto alla gola. Poi tornò in camera sua, si stese vicino alla moglie e si sparò pure lui, alla tempia, 20 minuti dopo aver cominciato a uccidere. Lunedì sera, il cognato, Sergio Tosato, trovò le tapparelle abbassate e ne forzò una: in casa, luci accese da quasi tre giorni, piatti della cena lavati e macchie di sangue alle pareti. Al piano terra di una palazzina color ocra, giardino all’inglese e rose, in un quartiere periferico costruito a metà degli anni Ottanta, provincia di Lecco.