7 marzo 2001
Pompeo Antonello, di anni 25. Fronte alta, capelli rossi, barbetta e occhiali che lo facevano sembrare più grande, uno sguardo mite
Pompeo Antonello, di anni 25. Fronte alta, capelli rossi, barbetta e occhiali che lo facevano sembrare più grande, uno sguardo mite. Fidanzato da due anni con una studentessa di Bergamo, faceva il geometra a Colfosco, Treviso. Una villetta in mattoni rustici sulla collina di Susegana, genitori all’antica, cattolico praticante e coscienzioso volontario. Nell’ultimo anno aveva distrutto quattro macchine, appena tre mesi fa suo padre gli aveva regalato una Punto blu con tante raccomandazioni. Mercoledì sera uscì a bere birra con gli amici, poi, la fidanzata lontana, se ne andò con l’auto nuova fino a Marghera in cerca d’amore. Trovò una puttana sull’ampia strada che dal Petrolchimico porta fino al centro di Mestre, s’appartò con lei in un viottolo, mezz’ora dopo la riportò dove l’aveva trovata. A quel punto fu fermato dai carabinieri, che avevano visto tutto: denuncia per sfruttamento della prostituzione e sequestro dell’auto. Rilasciato, prese l’ultimo treno per Treviso, poi un taxi, e si fece lasciare vicino a casa sua. Invece di dirigersi verso la villa, imboccò un vialetto che porta a una vigna. Scelse un albero di ciliegio, legò la cinta dei pantaloni al ramo più robusto, si tolse gli occhiali e si lasciò morire a una spanna da terra.