Marcella Andreoli, Panorama, 19/10/2000., 19 ottobre 2000
Anna e Giovanna si conobbero cinque anni fa, recuperando un anno di scuola in un istituto privato. Anna aveva 17 anni, Giovanna 18
Anna e Giovanna si conobbero cinque anni fa, recuperando un anno di scuola in un istituto privato. Anna aveva 17 anni, Giovanna 18. Fiorentine, figlie della piccola borghesia, minute, per bene. Anna, occhi chiari, viso d’angelo, modi gentili e aria fragile, faceva karate, amava i libri del marchese De Sade, i film spinti e annotava sul suo diario di aver visto «un gattino bellissimo». Giovanna, dolce, per nulla ombrosa, aveva gusti più miti. Entrambe però amavano la filosofia e la religione. Diventarono amiche: spesso s’incontravano al centro di Firenze per fare il tour di librerie e negozi di articoli sacri. Si scrivevano spesso, usando dei soprannomi: Giovanna era Platone, Anna Socrate. «Sono le tre di notte e ti penso, caro Platone». Platone, riconoscente, spedì ciocche dei suoi capelli. Si davano appuntamento la mattina, con dei bigliettini lasciati sul banco, e restavano a chiacchierare fino a notte fonda. Qualche volta Anna le parlava dell’amore fra donne con sorrisi e ammiccamenti. Giovanna, delicatamente, declinava. Dopo la maturità, Platone scelse Filosofia, Socrate si iscrisse a Teologia e cominciò a insegnare catechismo. A un certo punto, Giovanna s’accorse che l’amica la turbava: per tenerla a distanza, le parlò di un certo Fabrizio. Diventò la sua scusa per non vederla: «Non abbiamo più nulla da dirci... devo studiare, poi c’è Fabrizio». Notò che, ad ogni rifiuto, la voce di Anna si faceva più ruvida e metallica. L’anno scorso, in un venerdì di fine novembre, Anna la chiamò di nuovo: «Ricordi il libro di catechismo che mi hai prestato? Ho finito di leggerlo. Posso restituirtelo». Giovanna aveva nostalgia di quel libro: «Vediamoci davanti alla chiesa di Santa Croce, nel primo pomeriggio». Fecero il solito giro di librerie, si fermarono da ”Manuelli”, vicino a piazza Duomo, per comprare libri di religione. Erano le 9 di sera. Giovanna le comunicò che non aveva cambiato idea sul loro rapporto: «Non voglio più incontrarti... Mi sono fidanzata con Fabrizio, forse lo sposerò». Anna si fece buia e salì sulla sua Ka rossa. Giovanna la inseguì e le si sedette accanto. Anna guidò veloce verso la periferia: via Danubio, via Ticino, poi i capannoni, la maglieria Brivido, il parcheggio dell’Ingro Market. Si fermò davanti alla vetrina di Evasion Pelletterie. Erano le 22 e 20. «Mi saltò addosso, con la forza mi impediva di muovermi, mi aprì la cerniera del maglione, mi sbottonò il reggiseno, mi slacciò la cintura, mi abbassò i pantaloni e le mutande, mi bloccò col peso del corpo [...] Mi diede un morso sulla coscia sinistra, una ginocchiata al ginocchio destro, mi allargava le gambe, mi teneva i gomiti sullo stomaco, mi tirava i capelli. Poi infilava le mani nella vagina provocandomi perdite di sangue, mi mordeva la vagina, mi infilava parzialmente le mani nell’ano, mi leccava i seni e il collo». Alle 3, Anna si addormentò. Giovanna rimase accanto a lei. Alle 5 e 30, Socrate si svegliò e riportò Platone a casa.