Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2001  marzo 08 Giovedì calendario

Proietti Rosa, di anni 70. Vedova da due anni di Recchia Silvano, costruttore e proprietario di vari terreni e immobili, viveva a Roma, in un edificio tirato su dal marito

Proietti Rosa, di anni 70. Vedova da due anni di Recchia Silvano, costruttore e proprietario di vari terreni e immobili, viveva a Roma, in un edificio tirato su dal marito. Insieme con lei, suo figlio, Recchia Guido, di anni 34, corpulento, quasi due metri d’altezza, da sempre gravemente schizofrenico: suo padre era morto d’infarto per la gioia di vederlo un po’ migliorato dopo un ricovero in clinica. Martedì mattina intorno alle 10, il Recchia si svegliò con una bella idea da matto che gli ronzava in testa. Prese una statuetta di ceramica, trotterellò verso la Proietti che stava in cucina e le fracassò il cranio. Poi prese legnetti e carta di giornale, li ammonticchiò sui fornelli e gli diede fuoco. Circondato dal fumo mise in scena un finto dialogo con la Proietti. Per la parte di lei usava la voce in falsetto, da bimba: «Guido, mi sento male, aiutami». «Non ti preoccupare mamma». Dopo un quarto d’ora, i vigili del fuoco lo trovarono ancora lì a discorrere: gli occhi persi, i piedi nudi, macchie di sangue sul suo pigiama a righine bianche e rosse. Al quarto piano di una elegante palazzina accanto alla chiesa della Beata Vergine del Carmelo, al Torrino, periferia sud di Roma.